Nel corso di due secoli e più, infinite forse le storie narrate e vissute dagli uomini sui Trabocchi. Come palafitte sovrastano la costa abruzzese da secoli, inventate da uomini forti e temerari che in tempi antichi e duri riuscirono grazie al loro ingegno a vivere e a far vivere. Trabocco Punta Cavalluccio, Trabocco Punta Torre e Trabocco Spezza Catena appartengono alla Famiglia Verì, la più antica fra i Traboccanti. Le origini risalgono alle migrazioni di questi uomini da paesi d’Oltralpe e in particolare si rintracciano i Verì provenienti dai valichi francesi e gli Annecchini provenienti dalla Germania. Entrambe si insediarono in prossimità di San Vito Chietino per poi spostarsi lungo la costa.
Abili artigiani del legno iniziarono ad usare gli alberi costieri di querce e lecci per costruire semplici passerelle, per cercare di arpionare il pesce dall’ alto. Nasce così l’epopea dei Traboccanti con al centro le figure dei Verì di “Scirocco”, impavidi costruttori, seppero portare presto la struttura del Trabocco alla perfezione studiando le basse maree, le lune, il mare e la sua vita. D’Annunzio cita i Trabocchi nel trionfo della morte parlando del Trabocco a punta di “Turchinije” (1889) e in altre poesie. Nel corso degli anni, dalla costa del Turchino di San Vito Chietino, la generazione dei Verì si è spostata sulla costa di Rocca San Giovanni, più a sud, dove oggi gestiscono tre Trabocchi.
Oggi Tommaso Verì, “Tumasse di Scirocche”, ci trasmette un’eredità di tre Trabocchi presenti sulla costa di Rocca San Giovanni in località Cavalluccio: Trabocco Punta Cavalluccio, “Lu Cavallucce” – Trabocco Punta Spezza Catena, “Spezza Catene” – Trabocco Punta Torre, “La Torre”. Ancora oggi i figli Orlandino Verì e famiglia, mantengono alta la tradizione dei Traboccanti unita alla cultura di far vivere e gustare i sapori più veri e genuini del mare e della nostra terra d’Abruzzo. Oggi è possibile visitare le strutture e su prenotazione mangiare sospesi tra il mare e il vento per vivere serate emozionanti ed indimenticabili.
“quel fanciullo seminudo agile come un gatto, bruno come un bronzo ricco d’oro…con i suoi occhi acuti d’uccel di rapina”
Così si esprimeva D’Annunzio in una poesia del 1875 riferendosi a Tommaso Verì.